Mi sto domandando se il tempo, la cura, la testa, la mente, il cuore, i pensieri – e i loro effetti sulla mia vita – dedicati a cercare e a mettere a punto le mie domande esistenziali non siano più importanti delle risposte stesse; attuali e future.
Risposte attuali grossolane; forse le future più raffinate.
Risposte alle quali non posso applicare il concetto di “giusto o sbagliato”.
Campo in cui il giusto o sbagliato perde di applicabilità.
Risposte che non posso chiedere di validare o approvare da altri.
Risposte meno importanti delle domande e del loro effetto su di me? Sulla cura che devo dare al mio corpo e alla mia mente per essere autonomo, lucido, parte attiva e utile e non essere un peso a nessuno.
Per l’effetto del cercare di capire, o meglio comprendere, ogni azione degli altri mettendomi nei loro panni?
Per il dolore che provo verso la disabilità?
Per l’empatia e l’amore che sento verso ogni cosa o animale o persona.
Verso ogni anima.
Verso questo nostro pianeta, lo Spazio, l’Oceano ed il suo rimescolarsi.
Verso l’Unità?
È un cammino, non un punto di arrivo.
È questa la risposta?
Lo dicono i grandi filosofi, che non è tanto importante la meta, quanto il tragitto, e quello che scopri e impari durante il percorso.
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Prima degli altri ci sei te. Come può un povero aiutare altri come lui? L’unico modo è abbandonare lo stato di povertà (raggiungi la meta e lascia perdere i filosofi, che cambiano idea ogni dì).
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è quello che scopri ( scusate)
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“La meta non è un posto ma è quello che proviamo e non sappiamo né dove né quando ci arriviamo…” non è il luogo, ma piuttosto la percezione durante il cammino 🙂
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